CULTURE IMMATERIALI

Nel 2003 l’Unesco ha promosso la Convenzione per la tutela del patrimonio immateriale, intendendo con esso “l’intero ambito della cultura non materiale […]: tradizioni orali, narrazioni e usi linguistici, musiche e danze, metodi di cura tradizionali, usanze culinarie, tecniche e saperi elaborati, per esempio, nella costruzione di strumenti o edifici, e molto altro ancora”. Nell’ottobre 2004 la Conferenza mondiale dell’International Council of Museums (Icom) ha scelto come tema “Musei e patrimonio immateriale”, riconoscendo la necessità di prestare adeguata attenzione anche ai dati immateriali della cultura.

Quando Jobbi intraprese il suo lavoro di ricerca il dibattito sul patrimonio immateriale era ancora lontano dall’assumere la consistenza e la consapevolezza attuale. Lo stesso Cirese, nel 1967, auspicava una presa di coscienza in tale direzione: “In sostanza, la funzione cui i musei della vita popolare non possono e non debbono rinunciare, almeno come aspirazione, impone che essi dilatino la loro attività dalla collezione di oggetti alla collezione di immagini di ciò che oggetto non è, ed è invece la relazione in cui gli oggetti si collocano: accanto ai ricercatori e conoscitori di pezzi, occorrono i ricercatori di momenti e dimensioni e situazioni da fissare con le tecniche audiovisive”.

A queste espressioni “volatili” Jobbi dedica, istintivamente, una particolare at­tenzione. Dalla fine del 1963, parallelamente all’attività di raccolta della cultura ma­teriale6, il parroco-etnografo ha condotto un’intensa ed articolata documentazione sonora e visiva della comunità di Cerqueto e di alcune località della montagna te­ramana. Accanto all’interesse per le testimonianze della vita locale Jobbi ha infat­ti coltivato una inusuale passione tecnologica, acquistando e utilizzando nel corso degli anni numerosi apparecchi fotografici, registratori, videocamere, proiettori, ci­clostili per la stampa di comunicati e riviste autoprodotte. Il materiale raccolto è costituito di registrazioni sul campo di repertori orali musicali e narrativi e documenta la realtà del territorio in un’epoca in cui le espressioni culturali locali, legate alla ritualità, alla socialità quotidiana, alla comunicazione attraverso il canto e la danza erano ancora vive e in funzione, sebbene già in una fase di deterioramento e trasformazione.